Da Otway a Goethe, a Hofmannsthal, la storia dei congiurati spagnoli che nel 1618 volevano impadronirsi di Venezia e distruggerla ha spesso colpito lтАЩimmaginazione di grandi scrittori. Ma soltanto con i luminosi frammenti della ┬лVenezia salva┬╗ di Simone Weil la vicenda sembra averci trasmesso la sua ultima verit├а: ┬лuna citt├а perfetta, che sta per essere piombata nel sogno orrendo della forza; un uomo attento che, allтАЩimprovviso, la тАЬvedeтАЭ e la salva┬╗. In questo ┬лteatro immobile┬╗ il perno ├и Jaffier, il congiurato che tradisce i compagni e salva la citt├а. In lui si rinnova la figura del giusto che blocca la corsa del male, consumandolo in sofferenza sulla propria testa. A fronte di Jaffier ├и un altro congiurato, Renaud, posseduto dal sogno della forza. ┬лMonomaniaco, elegantissimo, spaventosamente veridico┬╗, egli conosce con piena lucidit├а lтАЩarticolarsi della forza nelle cose e nella mente. Il conflitto fra questi due esseri, mentre sullo sfondo intravediamo il ┬лroseo gioiello┬╗ di Venezia, ├и uno dei rarissimi nel teatro del nostro secolo che possa essere definito ┬лtragico┬╗. Qui la parola ┬лdistruzione┬╗, uscendo da ogni vaghezza, assume connotati precisi come quelli delle pietre di una citt├а. Qui possiamo constatare, una volta per tutte, come la parola dтАЩordine degli oppressori sia sempre la stessa: ┬лNoi facciamo la storia┬╗.