Nellâestate del 1932 Simone Weil, allora ventitreenne e militante della Sinistra, si trovÃē a Berlino. Erano gli ultimi mesi prima della presa del potere da parte di Hitler â e non molti al mondo si stavano rendendo conto della portata degli avvenimenti tedeschi. La Weil, sin dalle prime lettere dalla Germania, e poi in tutte le sue riflessioni sul regime hitleriano, mostrÃē invece una perfetta lucidità . In particolare, individuÃē subito la sconcertante natura del comportamento del proletariato tedesco: ÂŦPer la seconda volta in meno di ventâanni, il proletariato meglio organizzato, il piÃđ potente, il piÃđ progredito del mondo, quello tedesco, ha capitolato senza resistenza. Non câÃĻ stata disfatta; una disfatta suppone una lotta preliminare. CâÃĻ stato il crolloÂŧ. E subito percepÃŽ lâintreccio nefasto di elementi fra bolscevismo e nazismo, mentre in alcuni testi del 1939 spingeva la sua analisi del totalitarismo sino a un raffronto del presente con la politica dellâImpero romano, da lei aborrito. Oggi si leggono questi scritti con ammirato stupore: in effetti, i termini in cui la discussione su quegli anni ÃĻ giunta faticosamente a porsi fra gli storici e i politologi di oggi, erano tutti presenti nel pensiero di Simone Weil mentre i fatti stessi stavano accadendo. Ma va aggiunto anche qualcosâaltro, che poi ÃĻ ancora piÃđ importante: qui sulla massa incandescente dei fatti si posa lo stesso sguardo che negli stessi anni si educava a posarsi su Platone, leggendovi tratti che sino allora non erano mai stati percepiti con pari nettezza.