Perchรฉ si mise in Viaggio?
E cosa ha a che fare
con lโerudito ottocentesco
Costantino Simonidis?
Unโindagine appassionante
su un personaggio
sfuggente e misterioso
che dallโantica Grecia
arriva fino ai giorni nostri
Artemidoro di Efeso, il piรน grande geografo di etร ellenistica, resta un personaggio enigmatico. La sua vastissima opera in ben undici libri รจ andata perduta, ma le sue tracce sopravvivono, e vanno interrogate. Lo ha fatto Luciano Canfora in questo saggio suggestivo e coinvolgente. Dalla difficile missione diplomatica a Roma al lungo viaggio a Occidente, oltre le Colonne dโErcole, al ritorno a Oriente: fino alla costa etiopica, ai margini di un mondo nel quale veritร e leggenda si mescolano e abbagliano. La dolorosa perdita della prima descrizione del mondo dovuta a questo antico, infaticabile viaggiatore puรฒ essere risarcita dallo sconcertante papiro emerso dalle nebbie una quindicina dโanni fa e attribuito in tutta fretta ad Artemidoro? Questo libro risponde al quesito attraverso una grande inchiesta. Ricompone i pezzi del puzzle e approda in ambienti politico-intellettuali europei dellโOttocento, al centro dei quali si muove, con inquietante disinvoltura, il greco Simonidis, uno dei piรน grandi falsari del suo tempo. Ed รจ seguendo le sue tracce che Canfora giunge a svelare la โprovaโ che pone la parola fine allโaffascinante enigma sulla paternitร del misterioso papiro.
โRitrovareโ lโautore che non cโรจ piรน, riempire un vuoto, รจ la spinta principale alla creazione del โfalsoโ. Lo raccontammo in un precedente libro (La storia falsa) apparso in questa collana. E fu il secolo XIX, nel campo dei manoscritti, il secolo dei falsi cosรฌ come il XX lo fu per le opere dโarte. Le stesse, benemerite, raccolte di frammenti di autori perduti erano, in tal senso, quanto mai suggestive.
Ci fu chi si diede a occasionali cimenti e chi invece lo fece con metodo e per โmestiereโ.
E ci fu uno che volle riportare in vita i geografi greci che non cโerano piรน. Artemidoro parve, a quel virtuoso, cui รจ dedicata la seconda parte di questo libro, un terreno su cui edificare e un modello in cui rispecchiarsi. Egli incominciรฒ presto a frequentarlo immettendo frammenti noti di lui nelle proprie opere. Poi un disegno maggiore prese corpo. E nel fare un Artemidoro egli ricorse ai manoscritti principali dei geografi, di cui era avido cercatore. Da quei manoscritti mutuรฒ persino i simboli che immise nel suo. Alcuni (il Vatopedi 655 del Monte Athos) li aveva anche materialmente saccheggiati.
Perchรฉ lo fece? Per porsi nel solco di una tradizione erudita e patriottica della Grecia โoppressaโ? Per emulare figure del secolo precedente quali Meletios o Niceforo Theotokis? Per colmare, con uno stravagante para-Artemidoro, un vuoto nella raccolta (canonica per i greci) degli Zosimadai (Vienna 1807) modellata su quella, insuperata, di John Hudson (Oxford 1698), dove per lโappunto il maggiore geografo ellenistico ovviamente mancava?