Il diritto di non soffrire

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La labilità dei confini tra le cure di fine vita («lasciar morire»), il suicidio assistito («aiutare a morire») e l¿eutanasia («provocare il morire») non ha permesso finora di affrontare in modo adeguato l¿enorme e delicatissimo problema ¿ irto di implicazioni etiche, giuridiche, umane e perfino religiose ¿ di come rispondere a quei pazienti che, affetti da una malattia inguaribile e irreversibile, invocano il «permesso » di morire, o meglio di interrompere una vita «torturata e non più voluta».
Umberto Veronesi tratta temi di bruciante attualità, come l¿eutanasia e il testamento biologico, presentando le diverse forme di «buona morte» attraverso il racconto di storie eloquenti e strazianti di malati terminali (alcuni molto noti, come Terri Schiavo, Giovanni Nuvoli, Piergiorgio Welby, Eluana Englaro) a cui è stato a lungo negato l¿aiuto che avrebbe consentito di risparmiare loro atroci sofferenze. Tali argomenti vengono analizzati alla luce delle differenti posizioni assunte dai vari paesi del mondo, sia i molti in cui l¿eutanasia non è permessa sia i pochi (Olanda, Belgio e Lussemburgo) in cui è stata di fatto depenalizzata, pur rimanendo un atto praticabile unicamente da personale medico e a condizione che si tratti di una richiesta motivata, reiterata e consapevole, ovvero dotata di tutti i requisiti che ne attestino la «legalità». In Italia, invece, non solo non è ancora stata varata alcuna legge in materia, ma il cammino verso tale traguardo si annuncia molto arduo e disseminato di ostacoli.
Oggi, quindi, la decisione relativa all¿assistenza di fine vita è pressoché ovunque esclusiva competenza dei medici. Tuttavia Veronesi, da medico, è convinto che sia inalienabile diritto di ogni cittadino decidere se avviare ¿ o quando interrompere ¿ il cosiddetto «trattamento di sostegno» (alimentazione e idratazione artificiali), poiché il prolungamento o l¿accorciamento della vita non sono valori in sé, ma solo in relazione al progetto di vita di ciascun individuo. Dunque, l¿eutanasia non va considerata nell¿impietosa accezione di «omicidio del consenziente», come recita il codice penale italiano, bensì come una delle possibili cure a disposizione del paziente terminale che, se non può più sperare di guarire, deve essere almeno libero di sottrarsi al terribile destino impostogli dalla malattia.
Quanto al testamento biologico, il cui progetto di legge è in discussione in Parlamento, l¿autore ha voluto in questo libro rendere pubblico il proprio, quasi per legittimarne il valore di strumento fondamentale che certifica preventivamente la vincolante volontà di una persona di esercitare il diritto di non soffrire e di scegliere come morire.

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